Travestimenti, scherzi, balli in maschera ed imperdibili sfilate di carri allegorici … questa è sicuramente la festa che tutti conosciamo e che i bambini non vedono l’ora di vivere in prima persona. Infatti, le maschere, i coriandoli, le stelle filanti e i dolcetti sono gli elementi tipici del Carnevale dove ogni scherzo e ogni prodotto della fantasia possano diventare realtà. Si tratta di una festa religiosa legata alla Pasqua. Le cinque settimane che precedono la Pasqua rappresentano la Quaresima ma la settimana prima dell’inizio della Quaresima è la settimana di Carnevale, quando ogni scherzo vale e ogni occasione è buona per festeggiare!
Quest’anno il martedì grasso, il giorno più importante del Carnevale, è il 5 marzo 2019, ancora un po’ lontanuccio ma almeno ci permette di avere a disposizione tutto il tempo per andare alla ricerca della maschera più divertente e del travestimento più simpatico ed originale. Ma in realtà qual è la storia del Carnevale?
Oggi il Carnevale è sinonimo soprattutto di maschere. Ogni regione italiana ha la sua maschera tradizionale e, anche se i vari Pulcinella, Pantalone e Colombina hanno ormai una scarsa capacità di attrazione soprattutto sui bambini, per secoli le vere protagoniste delle feste e delle manifestazioni carnevalesche sono state loro. Ma si sa … a carnevale ci sono degli elementi a cui non si può assolutamente rinunciare, come ad esempio i coriandoli ed i buonissimi dolci che vengono preparati in questo periodo dell’anno … ma qual è la loro origine?
La storia dei coriandoli
In molte città era tradizione, in occasione del Carnevale, gettare sulla folla mascherata granoturco, bucce d’arancia, uova e fiori. Successivamente questa tradizione fu sostituita dal lancio di confettini di zucchero che all’interno contenevano un frutto rotondo e profumato: chiamato appunto “coriandolo”. Questi semi venivano tuffati nel gesso e poi lasciati seccare per farli assomigliare a confetti, fatti apposta per essere lanciati dall’alto dei carri mascherati o da balconi e finestre.
I primi coriandoli di carta, invece, furono forse inventati da un milanese che li distribuì ad una festa di Carnevale per bambini. La leggenda narra che tanto tempo fa, a Milano, si pensò bene di utilizzare i dischetti di scarto dei fogli di carta bucherellati, che si usavano come lettiere per i bachi da seta, al posto dei costosi confetti colorati. Fu così che, dai tradizionali confettini, anche i dischetti di carta presero il nome con cui ancora oggi li conosciamo: i coriandoli.
Le “chiacchiere” di carnevale
L’evento del carnevale però è atteso anche per un’altra motivazione molto molto golosa che piace a tutti … grandi e piccini! Sono infatti i dolci di Carnevale ad essere anche loro i veri protagonisti della festa.
Ogni regione italiana ha i suoi dolci tradizionali, le proprie ricette e le proprie versioni anche se il simbolo per eccellenza di questa festa rimangono sicuramente le Chiacchiere.
Esiste ancora un po’ di confusione riguardo l’origine di questo gustosissimo dolce, c’è chi ritiene che venisse distribuito in abbondanza dalle donne dell’antica Roma in occasione di una festività che corrisponde al nostro carnevale, ma
esiste però anche una leggenda che vuole l’origine di questo dolce nel napoletano, in particolare grazie ad una Regina molto molto chiacchierona, famosa per la sua parlantina. La regina chiamò il suo cuoco per farsi preparare un dolce che potesse allietare lei e i suoi ospiti con cui stava conversando. Proprio in onore della situazione il pasticcere decise di chiamare il nuovo dolce “Chiacchiere”!
Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un’altra Pulcinella,
una Gianduia, una Brighella.
Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano
qualche macchia di vino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stava un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
“Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene li mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l’altro bolletta!”. (G.Rodari)